Per lavorare bene in gruppo, coltiviamo sicurezza psicologica

Cominciamo con un aneddoto

Qualche anno fa ho collaborato con un'agenzia di comunicazione incaricata di riprogettare il brand di una catena di profumerie*. Il team di progetto ha richiesto un incontro con il team di gestione (CEO incluso) per discutere alcune idee preliminari. Durante la riunione, a cui partecipavo come osservatrice, si è fatto sempre più chiaro che c'erano state diverse incomprensioni tra CEO e team di progetto sulla portata della collaborazione, sulle priorità del lavoro e sul compenso. L'atmosfera era tesa, e così è rimasta finché la riunione si è formalmente conclusa, il CEO si è congedato e ha lasciato la stanza. A quel punto, la tensione si è sciolta; di fatto, è iniziata una seconda riunione informale, durante la quale è stato possibile mettere in chiaro responsabilità e aspettative di ognuno. Al termine di questa seconda riunione, i collaboratori hanno specificato che, per evitare ulteriori tensioni, avrebbero comunicato privatamente al CEO i nuovi termini della collaborazione. Tornata a casa, ho riflettuto su quanto era appena accaduto. Da una parte, i collaboratori non erano a proprio agio nel contraddire l'amministratore delegato pubblicamente. Dall'altra, questi non era disposto ad ammettere di aver frainteso i termini dell'accordo. Fermo in questa impasse, l'intero gruppo ha messo da parte l'obiettivo della riunione (avviare una progettazione condivisa) e ha potuto risolvere il problema solo quando la tensione si è sciolta. 

 Quando più persone (con diverse caratteristiche, ruoli, compiti) si mettono a lavorare assieme per conseguire un obiettivo comune, la qualità e quantità degli scambi e delle interazioni che avvengono nel gruppo (nell'organizzazione, nella rete, ecc) influiscono enormemente sul percorso intrapresoper arrivare ai risultati desiderati, e sulla qualità di questi ultimi. Lavorare assieme non è sempre semplice: alcuni gruppi funzionano, mentre altri non funzionano affatto. Le cause sono molteplici: abitudini comunicative sbagliate, aspettative non commisurate alla realtà, la tendenza a lavorare con un senso d'urgenza e una mentalità di scarsità sono solo alcuni degli ostacoli alla creazione di rapporti di interdipendenza gioiosi e produttivi. Ho trattato alcuni di questi argomenti in articoli precedenti; l'episodio che ho descritto in apertura di questo articolo è un perfetto esempio di mancanza di sicurezza psicologica.

Mettersi in gioco senza paura

Amy Edmonson, professoressa di leadership e management alla Harvard Business School e tra i più importanti ricercatori nel suo campo, definisce la sicurezza psicologica come la credenza condivisa tra i membri del gruppo che questo è un luogo sicuro dove assumersi dei rischi interpersonali. Un gruppo è psicologicamente sicuro se i suoi membri sono certi che non subiranno conseguenze negative per essersi messi in gioco. "Mettersi in gioco" in questo contesto significa fare domande, ammettere i propri errori o rilevare quelli altrui, esprimere preoccupazioni e dubbi, dichiarare di essere in difficoltà, chiedere e dare opinioni e feedback. Questi comportamenti contribuiscono a creare un clima di mutuo apprendimento e reciproco supporto, ma espongono anche a dei rischi: per esempio quello di essere considerati ignoranti o incompetenti; di essere derisi, rifiutati, accusati, ignorati; di essere puniti con una valutazione negativa o di venire incaricati con compiti sgradevoli. Nell'aneddoto che ho raccontato, i collaboratori temevano di essere incolpati di non aver chiarito i termini dell'accordo, il CEO temeva di apparire distratto o incompetente, e il team di progettazione non voleva rischiare di perdere l'incarico. La mancanza di sicurezza psicologica ha fatto sì che questi timori corressero sottotraccia e influenzassero il clima della riunione al punto di renderla completamente inutile. 

Le conseguenze della sicurezza psicologica

Caratterizzate da fiducia e mutuo rispetto, le relazioni all'interno del gruppo psicologicamente sicuro consentono ai propri membri di essere se stessi in maniera genuina. Ciascuno può dunque sentirsi libero di esprimere la propria creatività, i propri talenti e le proprie capacità individuali senza autocensurarsi. In un gruppo psicologicamente sicuro, 

  • Chiedere aiuto è più facile, offrire aiuto è più piacevole. Spesso le dinamiche di potere tra due o più persone rendono difficile sia chiedere che offrire aiuto, per evitare di sembrare incompetenti o invadenti. Come vedremo, chi si trova in una posizione di leadership ha l'opportunità di utilizzare il proprio potere per favorire la creazione di un clima di sicurezza psicologica.

  • Chiedere e offrire feedback è più semplice. In un gruppo psicologicamente sicuro, all'idea di ricevere critiche negative non è associato il timore che queste siano crudeli o umilianti.

  • Ammettere i propri errori ed esprimere preoccupazioni sono comportamenti sempre vantaggiosi: per chi sceglie di parlare apertamente, i benefìci (il buon andamento del progetto condiviso) superano i costi (l'imbarazzo individuale).

  • Innovare è più facile: un gruppo psicologicamente sicuro promuove la creatività, lo scambio di idee e la partecipazione, aumentando le possibilità che il cambiamento sia condiviso da più persone e radicato nelle diverse esperienze dei partecipanti.

  • Collaborare e coordinarsi con altri gruppi è più semplice. La sicurezza psicologica interna a un gruppo può essere estesa ad altri gruppi, poiché i membri già abituati ad assumere dei rischi interpersonali in sicurezza possono dare l'esempio ad altri avviando collaborazioni aperte e fruttuose.

Precondizioni per la sicurezza psicologica

La sicurezza psicologica è una caratteristica intangibile e dunque molto difficile da misurare e analizzare. In uno studio del 2004, Edmonson ha identificato cinque precondizioni della sicurezza psicologica. La leadership è molto importante per la creazione e il mantenimento della sicurezza psicologica. In particolare, i gruppi in cui i leader sono disponibili, sollecitano le opinioni del gruppo e si mostrano aperti, accoglienti e fallibili sono caratterizzati da un clima di maggiore sicurezza. Il gruppo tende a imitare chi è in una posizione di leadership; se il leader assume un'aria taciturna e fa capire che è meglio che non si parli di certe cose (o viceversa, se si mostra disponibile e aperto al dialogo) è probabile che molti seguano il suo esempio. La fiducia è una precondizione importante per la sicurezza psicologica, ma non la sostituisce. I due concetti, sebbene siano collegati, non sono intercambiabili. Sia la fiducia che la sicurezza psicologica sono rappresentate dalla convinzione che l'altro farà qualcosa che andrà a mio vantaggio, o che perlomeno non mi danneggerà. In un clima di fiducia ciascuno rinuncia a monitorare ossessivamente le azioni degli altri perché si fida della bontà delle loro intenzioni e del loro operato. In un clima di sicurezza psicologica, ciascuno rinuncia a monitorare ossessivamente se stesso perché sa che non verrà punito se farà un errore. L'esistenza di un "campo di prova" è un'altra precondizione importante della sicurezza psicologica. Si tratta di un contesto per la sperimentazione dove si può fare pratica, sbagliare liberamente, e incoraggiare la riflessione e l'apprendimento collettivi. Un po' come le prove teatrali o gli allenamenti di pallavolo aiutano a superare l'ansia della performance e danno l'opportunità di imparare facendo, i laboratori di progettazione partecipata e le riunioni facilitate possono costituire degli ottimi campi di prova per il lavoro in gruppo. Tuttavia, occorre tenere conto di come le risorse e le informazioni vengono distribuite nell'organizzazione. Se le informazioni non circolano liberamente e le risorse non sono assegnate in maniera equa, potrebbe crearsi un clima di eccessiva competizione, con il rischio di cadere nella tendenza a lavorare con quel senso d'urgenza (di accaparrarsi le risorse prima degli altri) e di scarsità (cioè il timore che le risorse finiscano) che paventavo all'inizio dell'articolo, con conseguenze disastrose per la sicurezza psicologica. Infine, le dinamiche informali che emergono nel gruppo influenzano la sicurezza psicologica. Queste dinamiche spesso sono inconsce e difficili da descrivere. Il gruppo forma un'identità relazionale, rappresentata dal modo in cui i suoi membri hanno a che fare gli uni con gli altri – una sorta di danza improvvisata in cui ciascuno interpreta il proprio ruolo formale in maniera personale. A seconda del comportamento di ciascuno in relazione agli altri, il gruppo può essere più o meno psicologicamente sicuro. 

Quindi? Come si fa a creare questa sicurezza psicologica?

Ha! Bella domanda. Se lo chiede anche chi adotta un approccio o una mentalità agile nel proprio lavoro. Se lo domandano OuiShare, Enspiral (di cui sono recentemente entrata a fare parte come contributor) e le tante altre organizzazioni e movimenti che sperimentano forme di organizzazione decentralizzata. Se lo chiede pure Google. Sembra, quindi, che il primo passo sia proprio quello di porsi il problema e continuare a farsi domande; voglio offrire qualche spunto per la riflessione.Nel tuo gruppo/nella tua organizzazione... 

  • Quando fate una riunione e parlate di qualcosa che non sai, che non ti ricordi, che non hai capito, te lo tieni per te e fai finta di nulla oppure fai tutte le domande che ti servono per capire? Come rispondono i tuoi compagni, i tuoi colleghi? Come rispondi tu, quando ti trovi ad avere le risposte alle domande altrui?

  • Ti senti a tuo agio nel parlare a riunione di ciò che non funziona nel gruppo? O preferisci parlarne in separata sede, solo con alcune persone, in maniera informale?

  • Quando fate uno sbaglio, qualcosa va storto o un progetto fallisce, cerchi un colpevole da cui distanziarti oppure cercate di imparare collettivamente da ciò che è successo?

  • Quanto spesso dai o ricevi feedback? Come ti senti dopo che l'hai ricevuto? Cerchi un riscontro solo dai membri del gruppo (magari quelli che ti stanno più simpatici) oppure anche da persone esterne al gruppo?

  • Tendi ad ascoltare più volentieri le opinioni di chi è più in alto nella gerarchia? Percepisci una gerarchia? Com'è fatta? Chi occupa quale posizione, e perché?

  • Senti che il tuo contributo è significativo, che il tuo talento è utilizzato al meglio? Stai imparando cose nuove?

    1. Come team, avete discusso di come prendete le decisioni? Per esempio, la decisione di votare per maggioranza arriva dopo ore di estenuante discussione, o dopo la breve e pacifica condivisione di diversi punti di vista?

    2. A livello individuale, cerchi di occuparti dei tuoi traumi, delle tue difficoltà e dei tuoi problemi, o li riversi sul gruppo?

 Questi sono tutti spunti su cui riflettere individualmente, e di cui parlare insieme. Non una volta sola, ma in una conversazione continua, da affrontare periodicamente. L'effetto può essere, sì, una maggiore efficienza lavorativa. Ma anche quello di rendere i gruppi in cui lavoriamo un ambiente gioioso in cui stare e costruire relazioni. *per proteggere l'anonimato delle persone coinvolte, ho cambiato alcuni dettagli di questo aneddoto.

Riferimenti

Edmonson, A. (2004). Psychological safety, trust, and learning: a group-level lens. Trust and distrust in organizations: dilemmas and approaches. New York: Russell Sage Foundation.

Psychological Safety In The Workplace – An Integrative Framework

Psychological Safety At Work: what do psychologically safe work teams look like?

Building a psychologically safe workplace - Amy Edmondson @ TEDxHGSE

Forget the pecking order at work - Margaret Heffernan @ TEDx Women 2015

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